Puglia/ Il 45,9% dell’acqua va perduto

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L’altra faccia della carenza idrica: quella che non dipende dall’addensarsi o meno delle nubi in cielo ma dal moltiplicarsi delle falle in terra. Vale a dire dall’incapacità infrastrutturale a sfruttare appieno la risorsa a disposizione. Risultato: la Puglia rispetto al 2012 ha fatto registrare nel 2015 l’11,3% di perdite in più, passando dal 34,6% al 45,9%. Dati, quelli racchiusi nel nuovo censimento delle acque per uso civile diffuso ieri dall’Istat, che stonano anche rispetto agli investimenti dichiarati da Aqp: oltre 300 milioni di euro destinati in progetti di riduzione e controllo delle perdite, introducendo sofisticati software gestionali e mettendo in campo una sistematica azione di ricerca con personale specializzato (squadre dotate di officine mobili sono impegnate quotidianamente, su tutto il territorio servito). Attività che avrebbe permesso la sostituzione di 314 chilometri di rete, la introduzione dei cosiddetti distretti idraulici e di valvole automatiche di controllo della pressione, la sostituzione di 2/3 del parco contatori d’utenza. E, per ultimo, l’impiego di un drone per scoprire problemi e eventuali perdite, il Rov (Remoted operated vehicle), un sommergibile a comando remoto dotato di videocamera rotante a colori ad alta risoluzione e sistema sonar.
Attraverso gli occhi elettronici del Rov è stato possibile nel novembre scorso di acquisire ulteriori dati che permetteranno la pianificazione di interventi per il risanamento del Canale. “Oggi, secondo l’ultimo dato rilevato dall’Istat rilevato, il tasso di perdita lineare delle reti pugliesi (34,7% m3/km/gg) è sostanzialmente inferiore al valore medio nei capoluoghi di provincia italiani (50% m3/km/gg)”, comunicava la società nel novembre scorso. Ma da ieri, il nuovo rapporto dell’Istat inchioda anche la Puglia alla cruda realtà dei numeri. E delle carenze.
Nessuna delle province pugliesi fa progressi, con perdite idriche che si attestano a Foggia, Bat e Brindisi tra il 21 e il 40%, a Bari, Tarano e Lecce oltre il 60%. Scenario – emerge proprio dal nuovo report dell’Istat – che peggiora nell’ambito di un panorama nazionale in cui si spreca sempre più acqua: nel 2015 è andato disperso il 41,4% dell’acqua potabile immessa nelle reti di distribuzione, pari a 3,4 miliardi di metri cubi. Un quantitativo decisamente in aumento, a fronte del 37,4% delle perdite idriche registrate nel 2012. Le perdite reali, precisa il report dell’Istat, al netto degli errori di misurazione e dei consumi non autorizzati, sono stati pari al 38,3%: un volume comunque enorme, pari a 3,2 miliardi di metri cubi, che a fronte di un consumo medio stimato per abitante di 80 metri cubi l’anno, sarebbe in grado di soddisfare le esigenze idriche per un anno di circa 40 milioni di persone. Non poco in tempi di siccità. Rispetto al 2012, l’incidenza di perdite idriche totali evidenzia una forte variabilità territoriale. Piemonte e Valle d’Aosta sono le uniche regioni a presentare un evidente miglioramento dell’indicatore sulle perdite. Le maggiori criticità, causate da perdite idriche di rete elevate (e in continuo peggioramento negli ultimi anni) si riscontrano invece nelle Isole e in alcune regioni del Centro-Sud (Sicilia, Sardegna, Lazio e Basilicata in coda), Puglia compresa.