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ISTAT / AUMENTO DELLO 0,3% NELL’ULTIMO TRIMESTRE, 2017 CHIUSO ALL’1,4%, APPENA SOTTO I DATI DEL GOVERNO/Crescita record dal 2010 per il Pil, ma sempre ultimi in UE

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L’economia italiana lo
scorso anno è cresciuta
dell’1,4%, il tasso più alto
dal 2010. La stima dell’Istat
è provvisoria ma se confermata,
e tra due settimane
si saprà, risulterebbe un po’
sotto le indicazioni sia del
Governo che di Bruxelles
(+1,5%). D’altra parte negli
ultimi tre mesi il Prodotto
interno lordo ha rallentato,
salendo dello 0,3%, meno
delle attese e a un ritmo dimezzato
rispetto alla zona
euro, che sale dello 0,6%.
Non a caso ci piazziamo
negli ultimi posti della classifica
Ue. Archiviato, o
quasi, il 2017, l’attenzione
è tutta sul 2018, che grazie
al quattordicesimo rialzo
consecutivo non partirà da
zero, potendo contare su
un’eredita che vale mezzo
punto percentuale. Ma per
il segretario del Pd, Matteo
Renzi, bisogna puntare più
in alto: “dobbiamo arrivare
al 2%”. Di certo, sottolinea,
“la crescita del Pil all’1,4% è
troppo bassa per le mie
previsioni”. Rimanda il brindisi
anche il ministro dello
Sviluppo economico, Carlo
Calenda, che a tre settimane
dalle elezioni lancia
un appello: “non c’è da scialare”.
Nel clima di avvicinamento
al voto, si fanno sentire
i commenti positivi dei
dem, mentre da Liberi e
Uguali danno il merito a
“fattori esterni”, come le
mosse “della Bce”. Al ministero
dell’Economia si respira
un’aria nient’affatto
tesa. La prima stima dell’Istat
non collima per un solo
decimale con quella del Documento
di economia e finanza,
canovaccio della
legge di Stabilità, ma è
anche vero che il dato valido
ai fini della politica economica,
in calendario per il
primo marzo, sarà calcolato
in modo un pochino diverso
e soprattutto arricchito con
nuovi elementi. Tanto per
fare due esempi, in questi
giorni l’Istat pubblicherà i
dati sul fatturato dei servizi,
in cui rientra il turismo
(in volata). E ancora, sarà
aggiornata la produzione
nelle costruzioni, in ripresa
dopo una lunga crisi. Tutto
ciò non esclude di potere
alla fine raggiungere l’1,5%
(che l’Italia avrebbe già
centrato al netto delle due
giornate lavorative in meno
del 2017).

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