Rivoluzione nell’emergenza-urgenza Il 118 gestito da una centrale unica

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La Regione si appresta a rivoluzionare il servizio del 118, ossia il sistema di emergenza-urgenza. La riforma che ha in mente il presidente-assessore alla Salute Michele Emiliano, ispirata al modello organizzativo in vigore in Lazio, è ancora in una fase preliminare ma già sta suscitando polemiche. Il provvedimento prevede infatti il superamento dell’assetto attuale, datato 2006, e dunque delle cinque centrali operative territoriali. L’obiettivo è arrivare alla costituzione di una sola azienda o agenzia regionale. E la “centralizzazione” non piace a tutti. Dovrebbero essere soppresse almeno due centrali operative (quelle di Taranto e Brindisi) e forse si dovrebbe arrivare all’istituzione del sospirato numero unico per le emergenze, ossia il 112. L’agenzia (o azienda) si dovrebbe occupare del soccorso sanitario di emergenza e urgenza, del trasporto sanitario di persone, organi e tessuti e forse anche delle attività trasfusionali. «Il nuovo soggetto – si legge nel documento – dovrà garantire l’uniformità di gestione della rete emergenza urgenza sul territorio regionale e dovrà dare risposta ai principali nodi critici».

Di nodi da sciogliere, in effetti, ce ne sono diversi. Il primo è legato al personale. Ora la situazione è piuttosto caotica perché convivono diverse figure: i medici e gli infermieri convenzionati e quelli dipendenti e poi gli operatori volontari che fanno capo alle associazioni convenzionate. Oltre ad esserci difficoltà nel reclutamento dei medici convenzionati, la compresenza di personale con diversi tipi di contratto crea non poche tensioni. Diverse le ipotesi sul tavolo: una possibilità è far diventare almeno i medici tutti dipendenti. Ma si dovrà capire se si possono fare concorsi, se ci sono problemi di superamento del tetto di personale e soprattutto le risorse disponibili. Altra questione è legata alla proprietà delle ambulanze, ora in parte delle associazioni. Si potrebbero acquistare tutte, ma non c’è ancora una stima dei costi. L’Agenzia dovrà poi curare la gestione e il coordinamento dell’attività di elisoccorso e la rete prevede una copertura in particolare delle zone montane. Ma anche in questo caso occorre capire se i mezzi dovranno essere acquistati, noleggiati o se fare una convenzione con le forze dell’ordine. Infine c’è la maggior integrazione della rete di emergenza urgenza ospedaliera ed extraospedaliera. A regime le centrali operative e il 118 dovranno integrarsi con i servizi di pronto soccorso degli ospedali e i dipartimenti di emergenza e accettazione. La nuova agenzia dovrebbe operare attraverso convenzioni con le aziende sanitarie per la definizione dei rapporti di collaborazione e le forniture di servizi.

Più facile a dirsi che a farsi. E non a caso emergono già i primi mal di pancia: «Apprendiamo di riunioni per riorganizzare la rete dell’emergenza – ha tuonato il consigliere di Forza Italia Nino Marmo – al centro del nuovo modello, pare ci sia una centrale operativa unica, sopprimendo subito quelle di Taranto e Brindisi. Non siamo d’accordo. Occorrono invece sei centrali operative (con l’aggiunta di quella della Bat) e la nascita di un Dipartimento regionale dell’emergenza». Mario Conca, consigliere 5 Stelle, invita invece a «vestire i panni dei soccorritori e salire su un’ambulanza prima di procedere a qualunque riforma. I problemi ci sono e già nel 2016 avevamo presentato una proposta. Va fatta chiarezza sulle associazioni che trasportano i vivi ma anche i morti. Ben venga però – continua – l’istituzione del numero unico dell’emergenza, il 112, che dovrebbe fare da filtro.