Web Tax: si farà ma nel 2019

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A settembre l’Unione Europea ha dato luce verde alla Web Tax. Gli unici pareri negativi sono giunti da Irlanda, Lussemburgo e Malta, paesi che hanno tutto l’interesse nel preservare l’incolumità delle grandi corporation radicate nei loro territori per una questione di opportunismo fiscale. Ma questo poco importa, poiché in sede istituzionale si è deciso che ogni singolo Paese può procedere autonomamente. L’Italia si è schierata fin da subito tra i Paesi intenzionati a dare filo da torcere ai paradisi fiscali con l’obiettivo di riportare a casa quanto fiscalmente dovuto. E
l’ha fatto portando avanti la proposta di un modello di tassazione dei profitti che consideri dove questi vengono generati e non invece dove l’azienda ha il proprio domicilio fiscale. Questo principio è alla base dell’emendamento presentato da Massimo Mucchetti e accolto dal Senato. L’emendamento prevede sostanzialmente l’applicazione di un’imposta del 6 per cento sui ricavi derivanti da servizi o beni di natura digitale. L’imposta andrà a colpire i grandi gruppi internazionali che operano nel nostro Paese, ma anche le aziende minori ad esclusione di imprese agricole, di
soggetti che hanno aderito al regime forfettario e dei “minimi”. Il prossimo appuntamento è atteso per il 30 aprile 2018 con l’emanazione del relativo decreto da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze che dovrà chiarire quali siano le prestazioni di servizi da tassare con l’aliquota del 6 per cento.